La Giunta Comunale albese ha approvato un ordine del giorno promosso dalla Federazione Provinciale Coldiretti contro il falso “made in Italy” che è in atto su tutto il territorio nazionale per denunciare la produzione di alimenti che con marchi e colori richiamano l’italianità, ma che in realtà vengono prodotti all’estero. L’ordine del Giorno, per iniziativa del Presidente del Consiglio comunale Sebastiano Cavalli, è stato altresì inviato alla competente Commissione consiliare presieduta dal Consigliere Pierangelo Bonardi per la successiva disamina, che è avvenuta con l’audizione del Dottor Cesare Gilli, Segretario di zona della Coldiretti di Alba, propedeutica alla calendarizzazione della discussione prevista per il prossimo Consiglio Comunale albese.
La denuncia – da dati Coldiretti - prende le mosse dal “caso Simest”, la società partecipata dal ministero dello Sviluppo economico, che finanzia la produzione in Romania di formaggi di pecora da latte rumeno, commercializzati con marchi che richiamano il made in Italy, come “Dolce Vita” e “Pecorino”, e che ha firmato un accordo con una grossa ditta italiana per finanziare negli Stati Uniti la commercializzazione di prodotti della salumeria italiana, con nomi che evocano i prodotti tipici della gastronomia nazionale e delle specialità regionali, come culatello, bresaola, finocchiona, soppressata, ottenuti però con ingredienti, materie prime e manodopera esteri. Dichiarano in merito il Sindaco della Città di Alba Maurizio Marello e l’Assessore all’agricoltura Massimo Scavino: “La nostra Città ed in generale tutto il territorio di Langa e Roero vantano un patrimonio agroalimentare di primissimo livello, invidiato in tutto il mondo. L’Italia è il Paese dei primati nell’agroalimentare per valore aggiunto per ettaro, per la produzione e l’esportazione di vino nel mondo e per la qualità. Non possiamo permettere che sia proprio lo Stato ad alimentare un furto di immagine ed economico. Il caso denunciato dall’ordine del giorno è davvero paradossale perché lo Stato italiano da una parte si attiva per la tutela e il riconoscimento dei prodotti tipici italiani, dall’altra finanzia una società ,con uno stanziamento stimato per il 2010 intorno ai 123 milioni di euro, che fa concorrenza sleale agli stessi prodotti. Tutto ciò è ancor più riprovevole in questo momento di grave crisi in cui il nostro Paese è alla ricerca di azioni e risorse per il rilancio dell’economia e della crescita occupazionale e con il made in Italy, in particolare quello agroalimentare, universalmente riconosciuto come straordinaria leva competitiva e di sviluppo del Paese.”