con
Sara Buono, Giuseppe Caradonna, Valentina Cardinali, Renato Cavallero,
Fabio Cuscunà, Maria Grazia Cerra, Miriam Lorefice, Roberto Padoan,
Silvia Piceghello, Fabiana Pilotto, Giusi Uga, Federica Vurchio, Marco Zanino
regia Massimiliano Giacometti
scenografia Yasmin Pochat
musiche Renato Ravarino
costumi Miriam Lorefice
luci Nicola Rosboch
video Stefano Sburlati
assistente regia Stefania De Biasi
Le fabbriche dismesse, racchiudono in sé un fascino particolare e melanconico. Spazi enormi, polverosi e malsani. Oggi, capita spesso di passarci davanti e alcune di esse sono addirittura citate ad esempio nei manuali di storia dell'architettura industriale. Ci si passa davanti ogni giorno e non ci si fa più caso alla loro presenza, hanno smesso di “pulsare”, per tanti anni sono state un punto importante per molte persone. Importante per il proprio vivere e per il proprio “benessere” e malessere purtroppo. Capannoni in disuso da anni. E' stato portato via tutto dopo fallimenti e chiusure. Le mura sono lì… Dalle macerie del lavoro non c'è più nulla, si sono salvati gli involucri. Quelli sono in piedi e trasudano storia e storie, evocano la grandezza dei processi produttivi ma raccontano anche della crisi dell'industria che li ha spazzati via nel volgere di un decennio.
Quando iniziammo a confrontarci, a discutere e ad immaginarci, con Claudio Vittone autore del testo e con il Gruppo, di come doveva essere questo lavoro e di conseguenza la messa in scena, ci dicemmo da subito che non poteva essere uno spettacolo celebrativo e non doveva cercare a tutti costi la bellezza della forma, doveva invece evidenziare le ruvidità e le difficoltà della fabbrica.
E' stato determinante partire dalle testimonianze orali, dall'ascolto delle esperienze concrete delle singole persone, della vita vissuta, il “reale” insomma. Nei racconti fluiscono drammi personali e gioie incancellabili. Le testimonianze del reale ci hanno fornito strumenti di comprensione che ci hanno aiutato a collegare e a capire meglio l'ambiente storico, politico, sociale nel quale i protagonisti hanno vissuto le loro esperienze.
Lo spettacolo mette a confronto due generazioni: la generazione del passato che ha costruito materia tangibile, ha lavorato sodo per un “progresso” e per il benessere e le giovani generazioni di oggi che non vedono un futuro lavorativo proficuo ma, lo cercano per dare un senso all'oggi con l'impegno e la ricerca attraverso la cultura, per scoprire attraverso la curiosità giovanile forme nuove di esistenza.
Ciò che ci interessa evidenziare nei nostri progetti è un Teatro Civile che metta a disposizione il contenuto nell'urgenza di trasmettere i contenuti. Siamo sempre più consapevoli che alla gente “comune” interessa un Teatro che ama “osservare” più di quanto piaccia “farsi osservare”.
Massimiliano Giacometti
… Il mondo intero è un teatro …
W. Shakespeare
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