Quale fu la scelta di Giulio? Perché un titolo da film per un evento dedicata a un pittore?
Perché la scelta fu almeno doppia, e questa mostra non è una raccolta di opere.
Giulio Boetto, alla fine della Grande Guerra, aveva ventiquattro anni, ed era già celebre. A Torino i giornali ospitavano le sue caricature. Le maggiori rassegne avevano premiato i suoi quadri. Il Re d'Italia ne aveva acquistati alcuni. Gli intellettuali, pur innamorati del nuovo, lo volevano nei salotti. E i produttori del cinema come scenografo e cartellonista.
Ma lui aveva già dipinto “La casa del prete”.
Una piccola casa di paese, nascosta nella pianura, come tante altre. Scoperta per caso, ci era tornato, per studiarla nei particolari, in ogni situazione. Aveva, insomma, già fatto la sua scelta.
E che valore ha, cento anni dopo, nel mondo che viviamo, la decisione di un artista giovane, intelligente, dotato, che lascia la città, il vento poderoso delle avanguardie e sposta tutta la sua vita alle pendici di una montagna? Che non sente l'urgenza di essere inedito “a qualunque costo”, e si ferma a guardare, ancora per una stagione, en plein air. Un narratore che ai grandi avvenimenti preferisce un mondo “piccolo”, che va dalla punta del Monviso a un gregge in riva al Po, dal tendone di un circo, al mercato degli animali.
Un mondo davvero piccolo. O un mondo...immenso?
Un secolo è passato. Gli storici lo hanno chiamato “breve” per la sua struttura degli eventi. Per altri è stato lunghissimo. Ha portato le più grandi scoperte, la mobilità di massa, la rivoluzione informatica. E insieme la guerra totale, il genocidio, la distruzione delle risorse e del paesaggio. Forse così sarà ricordato, tra qualche decina di anni. Il secolo che distrusse il paesaggio. Proprio ciò che era stato – nelle sue manifestazioni naturali e umane - la scelta di Giulio.
Se la sua vicenda fosse confluita in uno dei grandi movimenti del Novecento, questa mostra non si sarebbe potuta fare. Avremmo una narrazione completamente diversa, una lettura più soggettiva, mediata, forse geniale. O magari qualcosa che non riusciamo nemmeno a comprendere.
Le installazioni video che compongono la mostra ne danno qualche esempio, semi-serio.
E invece Giulio ha lasciato immagini con vari livelli di lettura, ma che parlano un po' a tutti, indipendentemente dalle conoscenze e dai gusti.
Da qualche anno il “piccolo mondo” che l'artista scelse di tramandare sembra meno piccolo. Potrebbe essere, anzi, quasi alle origini di ciò che la cultura dell'oggi dichiara di voler riscoprire. E che, almeno apparentemente, sta entrando in alcuni stili di vita emergenti: la vita naturale "ritrovata", in mille e una declinazioni.
L'arte, lo spirito, la scelta di Giulio Boetto, “torinese di Saluzzo”, poco hanno a che fare con i trend e i fenomeni di costume. Ma sarà interessante guardare al paesaggio piemontese com'era, attraverso le opere di un grande pittore, nel momento in cui una certa consapevolezza dei disastri arrecati - e il desiderio di rivalutare l'esistente - sono un poco più presenti nella vita contemporanea.
La mostra, che ha debuttato alla Castiglia di Saluzzo in occasione dei cinquant'anni dalla morte del pittore, arriva a Torino in un adattamento speciale, pensato per gli spazi e l'atmosfera del Museo Accorsi-Ometto. Per l'edizione 2019 sono state utilizzate, oltre ai repertori filmati, novanta fotografie, in gran parte inedite e le riproduzioni di ottantatré opere.
La colonna sonora originale, parte fondamentale delle tre installazioni, è stata composta ed eseguita da Marco Robino con l'Ensemble Architorti.
Il progetto è stato promosso dal Comune di Saluzzo, dalla Fondazione Artea e dalla Regione Piemonte, con la collaborazione della Associazione UrCA.
InTesta (Gruppo Armando Testa) e Il Museo Nazionale del Cinema hanno partecipato alla produzione dei contenuti multimediali.
Per l'edizione torinese si è aggiunto il patrocinio del Comune di Torino.
GIULIO BOETTO in sintesi
Giulio Boetto nacque nel 1894 Torino, ma a trent'anni trasferì la propria ricerca ai piedi del Monviso, lasciandosi alle spalle la fama che Torino gli aveva già tributato e il vorticoso dibattito sulle Avanguardie.
Tra la fine della Grande Guerra e gli anni '50, è uno dei più proficui e virtuosi interpreti della vita e del paesaggio piemontese (con cruciali incursioni in quello svizzero, romano, veneziano e ligure). Forte di una tecnica straordinaria - che lo distacca, nei suoi lavori migliori, da altri autori italiani dello stesso periodo - realizza anche numerosi ritratti di notevole fattura.
Oltre che valente ritrattista, fu paesaggista ispirato da alpeggi e montagne, pascoli e mercati, scene di paese e di piazza. Colpito nel 1951 anni da un grave ictus, dovette interrompere la pittura per un biennio.
Morì a Torino nel 1967. È sepolto nel cimitero di Revello.
Informazioni per il pubblico:
011 837 688 int. 3 | info@fondazioneaccorsi-ometto.it
ORARI
da martedì a venerdì: 10.00 – 13.00; 14.00 – 18.00
sabato, domenica e festivi: 10.00 – 13.00; 14.00 – 19.00
Lunedì chiuso
COSTO BIGLIETTI
Mostra: intero € 8,00; ridotto € 6,00
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