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02/05/2011Comune di Avigliana
 
 
PER LE STAGIONI DELLA MELODIA SABATO 7 MAGGIO DI SCENA “IL TRIO ARCHÈ” PER LE MUSICHE DI DVORAK E SMETANA
 
 

Sesto appuntamento per la quinta edizione della rassegna musicale “Le stagioni della melodia” organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Avigliana, in collaborazione con Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, l’Associazione Concertante ‘progetto arte & musica’ ed inserita nel circuito Piemonte in Musica. Sabato 7 maggio, ore 21, sul palco del teatro Fassino, presso il centro La Fabrica di via IV Novembre 19,  si potrà assistere al concerto del Trio Archè, in repertorio musiche di Antonin Dvorak e Bedrich Smetana. L’ingresso è gratuito.
Per informazioni: Ufficio cultura Comune di Avigliana, telefono 011 9769117.

Trio Archè

Massimo Marin, violino
Dario Destefano, violoncello
Francesco Cipolletta, pianoforte


Programma di sala

ANTONIN DVORAK (1841-1904)
Trio in fa minore op. 65
Allegro ma non troppo
Allegretto grazioso
Poco adagio
Allegro con brio

BEDRICH SMETANA (1824-1884)
Trio in sol minore op. 15
Moderato assai
Allegro ma non agitato
Finale – Presto



TRIO ARCHE’
Massimo Marin (violino) – Nato a Torino da famiglia di musicisti, studia sotto la guida di Lorenzo Lugli. Dopo il diploma di conservatorio si perfeziona con grandi maestri come Salvatore Accardo, Leonid Kogan, Corrado Romano; inoltre, per la Musica da Camera alla quale da sempre dedica una parte importante della propria attività, approfondisce la propria preparazione con Lorenzi, Farulli e il Duo Gulli-Cavallo. Vince subito vari concorsi strumentali nonchè quelli per l’Orchestra della Rai e per il posto di violino di spalla al Teatro Regio, ruolo che in seguito ricopre anche in altre orchestre (Pomeriggi Musicali di Milano, “Haydn” di Bolzano e Trento, Stabile di Bergamo, Camerata Fiesolana, Teatro alla Scala, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, San Carlo di Napoli). Attivo come solista in Italia e all’estero e quale membro di ensemble cameristici (Quintetto Italiano, Solisti Veneti, Virtuosi di Roma; invitato da Abbado a collaborare con la Chamber Orchestra of Europe, è scelto inoltre da Muti tra le prime parti della Filarmonica della Scala. Insignito nel 1992 del premio “Una vita per l’Arte”. Nel corso della sua quasi trentennale attività di docente della classe di violino al Conservatorio “G. Verdi” di Torino ha guidato numerosissimi allievi ad affermarsi in concorsi nazionali ed internazionali per solisti e per posti in orchestre.
Fa parte del Trio Arché. Suona un violino “G. Battista Guadagnini” del 1747.

Dario Destefano (violoncello) - Si è formato artisticamente sotto la guida dei maestri Renzo Brancaleon, Antonio Janigro e Johannes Goritzki, diplomandosi con il massimo dei voti e lode in Italia presso il Conservatorio “G. Verdi” di Torino e in Germania presso la Hochschule “R. Schumann” di Düsseldorf.  Nel 1986, all’età di 22 anni, è già primo violoncello presso l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, avendone vinto il concorso; successivamente viene invitato, sempre come primo violoncello, a collaborare con il Teatro Regio di Torino. Dopo brillanti affermazioni in concorsi nazionali ed internazionali, nel 1987 partecipa alla fondazione del Trio di Torino, con il quale vince il primo premio assoluto nel 1990 al Concorso “Viotti” di Vercelli e il secondo premio in Giappone nel 1993 alla “Osaka Competition”. Inoltre, in formazione di quintetto, vince il secondo premio nel 1995 al concorso di musica da camera di Trapani. Suona presso le più prestigiose società musicali europee ed effettua tournées in Giappone come solista e in formazioni cameristiche con prestigiosi solisti dei Berliner Philharmoniker e di orchestre  americane,  suonando,  tra  l’altro,  al  Fuji Festival e alla Bunka Kaikan di Tokio.
Esegue e incide (live) in prima esecuzione assoluta, con Andrea Griminelli, il Secondo Concerto di Morricone per flauto, violoncello e orchestra. Registra l’integrale delle Sonate di Brahms per pianoforte e violoncello con il pianista Maurizio Barboro, con il quale collabora in duo; l’integrale da camera di Chopin e musiche di Brahms, Dvořák, Rubinstein, Šostakovič e Smetana; allarga il suo repertorio solistico da concerto con l’integrale delle Suites di Bach.
Ha un contratto pluriennale in formazione di duo con la casa discografica Real Sound.
Nel 2001 fonda il Trio Archè.   È docente ordinario di violoncello al Conservatorio “G. Verdi” di Torino. Suona un violoncello Santagiuliana, Vicenza, 1821.

Francesco Cipolletta (pianoforte) - Vive a Torino ove, a sette anni, inizia lo studio del pianoforte sotto la guida di Maria Golia, diplomandosi al Conservatorio “G. Verdi” di Torino con il massimo dei voti e la lode. Prosegue gli studi con Naumov e presso la Scuola di Musica di Fiesole con Maria Tipo.
Giovanissimo, si rivela in concorsi nazionali (20 Primi Premi tra cui “Mozzati” a Milano, Città di Treviso, “Muzio Clementi” a Firenze, Catanzaro, La Spezia, Stresa, Como, “A. Speranza” di Taranto) e nei Concorsi Internazionali “Busoni” (Bolzano), “Dino Ciani” (Milano), “Viotti” (Vercelli), “Rina Sala Gallo” (Monza), Pretoria Sud Africa, Concorso Europeo Lussemburgo). Tali prestigiosi premi gli permettono di iniziare una intensa attività concertistica sia in Italia che all’ester0 (Bruxelles, Londra, Monaco, Stoccarda, Vienna, Strasburgo, Parigi, Lussemburgo, Düsseldorf, Karlsruhe, Copenaghen, Città del Capo, Johannesburg, Pretoria, Durban, Tokyo, Nagoya, Osaka, Hiroshima, Hong Kong, San Paolo, Buenos Aires, Cordoba, Norfolk, Cleveland) e nelle più prestigiose sale da concerto quali: Teatro alla Scala di Milano, gli Auditorium della RAI di Torino e Roma, Sala Verdi di Milano, Salle Gaveau di Parigi, i Teatri Goldoni e La Fenice di Venezia, Théâtre Royal di Bruxelles, Konzerthaus di Stoccarda e Karlsruhe, Gasteighalle di Monaco, Purcell Room di Londra, Suntory Hall di Tokyo, Izumi Hall di Osaka, Colón di Buenos Aires, ospite di importanti Società Musicali sempre con favorevoli consensi di critica e di pubblico.
Suona come solista con le Orchestre Sinfoniche della Scala, della RAI di Milano, Nazionale della RAI di Torino, “G. Verdi” di Milano, “Haydn” di Bolzano e Trento, Sinfonica di Treviso, di Sanremo, della Radio Televisione Lussemburghese, Symphonique de la Lorreine,  Sinfoniche di Johannesburg, Città del Capo, Pretoria, Durban, Blumfontein, della Virginia (USA), di Cordoba, Municipal di San Paolo, Sinfonica di Malta.
Sue registrazioni audio e video sono state trasmesse dalla RAI, BBC, Radio TV della Svizzera Italiana, RTL Lussemburgo, SABC South Africa. Incide per la casa discografica RS. Dal giugno 2004 è Accademico Residente presso l’Accademia Filarmonica di Bologna. Nel 2005 e 2006 fa parte della giuria al Concorso Pianistico PTNA di Tokyo. Tiene master classes all’Università di Pretoria e all’Academy for performing arts di Hong Kong.
Titolare di cattedra di Pianoforte Principale, è docente presso il Conservatorio Statale di Musica  “G.F. Ghedini” di Cuneo.

Antonin Dvorak: Trio in fa minore op. 65 per violino, violoncello e pianoforte
Per Antonin Dvorâk il 1883 segnò una svolta importante: le Danze slave stavano facendo conoscere il suo nome in tutta l'Europa, ed era in cantiere un altro lavoro destinato ad annoverarsi tra i suoi più famosi, la Stabat Mater. Anche in campo cameristico si registrò un'impennata nella padronanza formale e nella fluidità inventiva; a inaugurarla fu proprio il Trio in fa minore, che l'editore Simrock pubblicò come op.65. Simrock era anche l'editore di Brahms, il compositore di area tedesca che
maggiormente incise sulla formazione di Dvorâk. Nel caso del Trio op.65 questo discepolato elettivo è particolarmente scoperto: l'impulso a scrivere per l'organico di pianoforte, violino e violoncello venne dal Trio op.87 di Brahms, ascoltato pochi mesi prima a Berlino. Quanto alla tonalità, riprende l'indimenticabile fa minore del Quintetto con pianoforte di Braluns; beninteso, con piena autonomia di ispirazione; l'eco che ne risuona nel Trio di Dvorâk non è definibile in termini di dipendenza, ma di comune fervore emotivo.
Fin dalle battute d'apertura dell'ampio Allegro ma non troppo il discorso si assesta su un tono flessibile, ora pensoso, ora passionale; l'impronta virile non si smentisce nemmeno nei passi più liberi e declamanti, agevolata dalla voce fonda del violoncello e dalla robustezza della scrittura pianistica. Da notare la breve epigrafe iniziale di violino e violoncello, come un sipario che s'apre sul pianoforte; e poi il graduale scurirsi dell'idea tematica comprimaria, presentata con passo squadrato e poi via via spolpata della sua fierezza, già nello sviluppo e poi ancora nella coda conclusiva. Nella prima redazione lo Scherzo era collocato in terza posizione; ma nel mese di aprile Dvorâk si decise per la sistemazione attuale. Sul pulviscolo di terzine staccate prodotto dai due archi, il pianoforte si staglia con uno scampanio festoso, esplorando i registri più solari della tastiera. Il Poco Adagio smaschera il lato slavo di Dvorâk: ha il passo serio e sereno dell'inno, un inno intonato con qualche incertezza, come se le voci esitassero a riunirsi tutte insieme, poi via via sempre più sicuro, intrecciando imitazioni, lasciando libero di tanto in tanto il violino di svettare, come un solista di antiche melopee. Poco per volta la gravità iniziale si scioglie e si lascia coinvolgere da un canto più commosso; questa lunga pagina lirica accumula una tensione introspettiva che si sfoga nella frenesia di danza del Finale-Allegro con brio, sapidamente ritmato, con un'energia che si diverte a mettere in competizione i tre solisti, recuperando in episodiche plaghe cantabili la vena espressiva che ha permeato l'intero Trio.
Elisabetta Fava


Bedrich Smetana
Bedrich Smetana, il "padre della musica boema", nel 1848, all'insorgere del movimento rivoluzionario a Praga, era un giovane pianista e compositore che già godeva di una certa fama in città, e che aderì al generale spirito patriottico dedicandosi all'elaborazione di un linguaggio musicale nazionale; egli iniziava allora il suo cammino artistico, proprio quando la sua patria cercava di liberarsi dal giogo della dominazione asburgica.
La rivoluzione falli, e di conseguenza la situazione dei paesi cechi peggiorò gravemente, ma Smetana non rinunciò a portare avanti la sua lotta personale: precedentemente aveva impiegato tutte le sue energie (e le sue modeste possibilità economiche) in lunghi studi e duro lavoro per impadronirsi perfettamente della tecnica musicale, e per indagare gli elementi tradizionali, aderendo all'ideale dei giovani artisti e intellettuali: "Un teatro ceco libero in uno stato libero".
Contemporaneamente era venuto in contatto con personalità quali Franz Liszt ed Hector Berlioz; al primo si era rivolto personalmente per domandargli un aiuto economico -puntualmente ottenuto dal grande musicista- per poter fondare l'istituto di musica che vide la luce nel mese di agosto di quello stesso 1848, e che fu la reazione del compositore boemo alla tragicità dell'insuccesso della rivolta popolare.
Conobbe il collega francese invece in occasione di un concerto di quest'ultimo a Praga, quando la sua esibizione trionfale scosse la coscienza conservatrice dell'ambiente musicale della capitale; Smetana allora, forte di queste esperienze, cercò di influire sulla ripresa della vita nazionale con l'impegno dell'insegnamento, dell'organizzazione di concerti, e dell'attività di virtuoso e di compositore. Risalgono a quel periodo alcune sue pagine specificamente patriottiche di immediato successo come la Marcia per la Guardia Nazionale, l'Ouverture Festiva per orchestra, la Marcia della Legione degli studenti di Praga per pianoforte e il Canto della libertà per coro maschile, tutti lavori con i quali dimostrò di possedere una personalità già molto avanzata rispetto ai contemporanei.
Poi, nell'autunno del 1855, dopo alcuni anni dedicati soprattutto all'insegnamento e alle composizioni. pianistiche, in un momento drammatico della sua esistenza a causa della morte della figlia Bedriska di soli quattro anni, Smetana compose inaspettatamente un lavoro cameristico, lo straordinario Trio in sol minore op. 15, uno dei suoi primi capolavori e uno dei migliori di tutta la sua produzione, un'opera matura, altamente poetica, che Liszt, quando l'ascoltò l'anno seguente, apprezzò in particolar modo, ritenendola frutto di uno spirito geniale, e obiettando le tiepide critiche della "prima".
Diviso tra toni di disperazione (il-tema principale, dapprima al violino, del primo tempo, strettamente imparentato con una Sonata dell'epoca degli stadi) per via della tragedia che l'aveva colpito, e accenti di tenerezza, sentimentali, che sembrano un omaggio e un saluto struggente alla piccola, il Trio attinge già dalla tonalità minore l'inflessione dolente, commossa, a tratti pensosa e cupa, alla quale si associano energico rilievo tematico e un ritmo impetuoso con inflessioni danzanti, soprattutto nel Finale.

Monica Rosolen
 

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