il Politecnico di Torino restaura e avvia uno degli ultimi esemplari di Apple 1 sopravvissuti, acquistato dal collezionista Marco Boglione - presidente di BasicNet.L’Apple 1 è stato il primo personal computer che si possa chiamare tale, pensato per essere collegato a un monitor e a una tastiera, una macchina che ha fatto la storia dell’informatica, nata dalle menti di Steve Wozniak e Steve Jobs nel 1976. La macchina è stata accesa per la prima volta il 18 marzo scorso in laboratorio, ma ufficialmente è stata avviata questa mattina dal gruppo di ingegneri elettronici dell’Ateneo che lo ha restaurato. L’Apple 1 non prevedeva né monitor né tastiera ma semplicemente la scheda madre, che è stata collegata a equipaggiamenti dell’epoca, così come tutti i pezzi sostituiti risalgono alla fine degli anni settanta. Ma nelle intenzioni dei suoi ideatori c’era qualcosa di più: il desiderio di contribuire a un mondo molto più libero rendendo accessibili a tutti quante più informazioni possibili. Una vera e propria rivoluzione nell’informazione. Secondo il presidente di BasicNet, Marco Boglione, che si è aggiudicato all’asta l’Apple 1 per circa 156.000 euro, infatti, oltre agli aspetti tecnologici bisogna tenere in considerazione il contenuto culturale che queste macchine portano con sè. La rivoluzione della Apple non è nata per caso, ma è cresciuta in un contesto di fermento culturale e innovativo in tutti i settori della conoscenza. Sul tema della rivoluzione culturale si sono concentrati anche Vittorio Marchis docente di Storia della scienza e delle tecniche e Mario Ricciardi docenti di Sociologia dei processi culturali e comunicativi. In particolare, è stato messo l’accento sul processo di cambiamento avvenuto nel mondo occidentale a partire dalle prime innovazioni nel campo dell’informatica dei primi anni ‘60. La Società si stava risollevando dalle tragedie della guerra ed è stata in grado di strutturare scientificamente il processo di innovazione della conoscenza come è successo anche per i fondatori di Apple, che hanno trasformato l’oggetto informatico da mito a realtà. Angelo Meo, già docente di informatica dell’Ateneo, ha ripercorso la strada che, a partire dagli anni ’60 ha portato all’evoluzione delle macchine fino all’Apple 1. Strumenti composti di memoria magnetica e per i quali era necessario programmare in codice binario, condizione che permetteva di innescare un certo rapporto tra l’uomo e la macchina, e di esaltare il ruolo del programmatore, oggi messo un po’ in ombra e in subordine dagli attuali PC assai sofisticati. Le macchine di oggi sono infatti 100 milioni di volte più veloci di quelle di un tempo, ma lo studio dell’informatica nel nostro Paese potrebbe risentirne se non si tornerà a insegnarne i fondamenti piuttosto che l’uso del calcolatore. Nell’Aula magna sono stati esposti inoltre, diversi modelli e reperti considerati ormai storici, di proprietà dell’Ateneo tra i quali anche la calcolatrice elettronica Olivetti “Programma 101” più comunemente nota come “Perottina”, dal nome del suo ideatore, Piergiorgio Perotto.