E’ necessario tagliare seriamente i costi della politica, e dobbiamo partire proprio dalle province: le Province non servono e la loro abolizione non è più prorogabile. L’abolizione delle province comporterebbe un risparmio diretto di 200 milioni/anno rappresentato dagli stipendi dei politici. In aggiunta, ci sono i costi che derivano dalla rappresentanza, del personale “politico” a chiamata impiegato, degli uffici stampa, delle auto blu, dei segretari generali a 200.000 euro all’anno, delle sedi, e via dicendo. Tutto ciò assieme è quantificabile in non meno di 6 milioni ad ente, e quindi di circa 700 milioni/anno complessivi. Vi è poi il risparmio garantito dall’accorpamento delle funzioni: la manutenzione delle strade e delle scuole, (oggi i Comuni si occupano di ristrutturare le elementari, le Province le medie e le superiori, il Ministero le Università), accorpando, con lo stesso ufficio tecnico - magari potenziato dai dipendenti trasferiti dall’ente in chiusura - si potrebbero gestire tutti gli appalti ed i controlli risparmiando circa altri 500 milioni all’anno. E avanti cosi con i rifiuti, gli uffici dei piani regolatori, etc. fino ad arrivare a un risparmio sulla spesa corrente, senza toccare nemmeno uno dei dipendenti regolarmente assunti con concorso, di circa 800 milioni di euro/anno. A questo si aggiunge il risparmio indiretto: davanti ad un ipotesi di soppressione delle Province ed accorpamento delle funzioni a comuni e province, solo una parte di questi dipendenti rimarrebbe a svolgere le stesse funzioni di prima, diciamo non oltre la metà; pertanto, si libererebbero circa 30.000 persone il cui potenziale lavorativo potrebbe essere validamente espresso in altre strutture dello Stato carenti: scuole dell’infanzia, cancellerie dei tribunali e via dicendo. Ognuno costa mediamente 40 mila euro/anno, che moltiplicati per 30 mila significa produrre nuovi servizi ai cittadini per circa 1,2 miliardi annui. Sommando a questi i costi della politica, gli interessi sui risparmi, ed altre voci minori arriviamo ad ipotizzare un’ottimizzazione dei costi di circa 2,5 miliardi all’anno.
Il voto contrario della camera sull’abolizione delle province del 5 luglio ha però un lato positivo. L’astensione del PD ha dimostrato da una parte quanto la sinistra conservatrice sia sempre radicata, ambigua, inaffidabile e incapace di fare quel passo in avanti riformatore che il Paese chiede Una sinistra doppiogiochista, ipocrita, che cavalca il dissenso verso il Governo non in virtù di un'alternativa, bensì perché non in grado di affrontarlo sul piano delle proposte, e nasconde nella demagogia propagandistica il nulla politico che ha dentro.
Il voto contrario del PDL ha portato alla luce l’ennesima promessa elettorale non mantenuta di Berlusconi, che ne aveva solennemente promesso l’abolizione davanti ad alcuni milioni di telespettatori nella campagna elettorale che lo portò al Governo nel 2008, durante trasmissione Matrix il 22 febbraio 2008. Tutti hanno detto che è necessario abolire le province, tutti l’hanno promesso, ma nessuno l’ha fatto. Noi ci appelliamo agli italiani e lanceremo una proposta di legge di iniziativa popolare per abolire le province.