In una notte del mese di gennaio, in una zona del centro città, sono state imbrattate alcune proprietà pubbliche e private. Un agente della polizia municipale se n’è accorto nel giro di ispezione del mattino seguente. Da successivi controlli attraverso il sistema della videosorveglianza, il comando è riuscito a risalire all’identità del minorenne presunto autore dell’atto vandalico. In presenza di un reato, ma anche nella convinzione che un procedimento penale non sia il migliore strumento educativo per dissuadere questo ragazzo – e gli altri che hanno simili comportamenti – ho chiesto al comandante se potevo contattare la famiglia. Come mamma e come insegnante prima ancora che come assessore so che i ragazzi possono sbagliare, che a volte la giovane età, l’irruenza, o l’incoscienza portano a commettere delle sciocchezze. È nella natura delle cose, così come è naturale che chi sbaglia, paghi. Sono una convinta assertrice della filosofia per cui, dopo aver sbagliato, bisogna chiedere scusa, correggere i propri comportamenti, ricevere eventualmente una punizione e ottenere il perdono. Con questo spirito ho incontrato la famiglia del ragazzo, proponendo un’alternativa al procedimento penale. Ho suggerito ai genitori di provvedere in prima persona alla riparazione del danno, magari non solo economicamente ma con la partecipazione attiva del ragazzo. Ritenevo che una simile “lavata di capo” e la constatazione che quella sciocchezza sarebbe costata qualche centinaio di euro alla famiglia, potesse far ravvedere il giovane, che gli sarebbe servita da lezione. Successivamente al mio invito, che devo dire è stato positivamente accolto dai genitori, non ho avuto più alcuna notizia. Nelle settimane successive mi sono informata con gli uffici dell’andamento della pratica e mi è stato risposto che non c’erano novità. Ho chiesto che si facesse una telefonata di sollecito e, visto che anche quel sollecito è stato vano, successivamente ho contattato nuovamente i genitori del giovane, ricevendo però risposte elusive. Il verbale della polizia municipale vale come querela e avrà il suo corso giudiziario secondo i tempi e i modi della legge. Come assessore alla Sicurezza sottolineo positivamente l’azione dei nostri vigili. Come genitore e come educatore avrei però preferito un altro finale. A prescindere dalle persone coinvolte, delle quali mantengo l’anonimato e che non giudico, prendo spunto da questo episodio per una riflessione più ampia sui diritti e i doveri di ogni cittadino, perché se è giusto aspettarsi che la comunità ci aiuti e ci offra servizi, è giusto considerare che il ricevere non è affatto slegato dal dare e che dare alla comunità equivale ad arricchirla.
Adriana Balzarini - assessore