Torino è al primo posto tra le città italiane per numero di melanomi (tumore maligno della pelle) diagnosticati con circa 19 casi all'anno ogni 100.000 abitanti su una media italiana di 12 casi. Il capoluogo piemontese precede città e province del Nord Est, quali Trento – Bolzano, Trieste e le provincie del Veneto, che è la Regione italiana con più casi di melanoma. Questi sono gli ultimi dati aggiornati del Servizio di rilevazione epidemiologica del CPO Piemonte. La sola causa ambientale correlata è l'esposizione intensa ed intermittente ai raggi UV solari naturali ed artificiali. Le popolazioni del Nord Italia sono a maggior rischio per la carnagione chiara e per la scarsa abitudine della pelle all'esposizione solare. I casi sono quasi raddoppiati dal 1996 al 2006. Questi dati verranno presentati in anteprima venerdì 13 gennaio 2012 alle ore 21, presso l’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino in via Po 18 (1° piano), durante la prima seduta scientifica dell'anno 2012 dell’Accademia di Medicina di Torino dal titolo “Melanoma cutaneo: una neoplasia in continua crescita”. Relatori saranno la professoressa Maria Grazia Bernengo (direttore della Dermatologia universitaria dell'ospedale San Lazzaro dell'Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista di Torino) ed i suoi collaboratori. Se per la maggior parte dei tumori di altri organi gli aumenti di incidenza sono legati all’aumento della durata della vita, nel caso del melanoma questo non si può sostenere perché la fascia di età più colpita è quella tra i 40 ed i 60 anni. Pur non essendo l'unico tipo di tumore cutaneo, il melanoma è contraddistinto da un maggior rischio di mortalità. Il Servizio di Istopatologia dermatologica dell'ospedale dermatologico San Lazzaro di Torino ha diagnosticato 332 melanomi nel corso del 2010 su circa 12.000 biopsie dermatologiche di patologia varia, contro i 36 del 1975 ed i 190 di 10 anni fa. Pur essendo il Polo Dermatologico delle Molinette (diretto dalla professoressa Maria Grazia Bernengo) il centro piemontese di riferimento per tale patologia, molti altri casi vengono diagnosticati anche negli altri ospedali di Torino e provincia. Tutto ciò raddoppia sicuramente la casistica. Questo spiacevole primato è dovuto sicuramente ad un reale aumento dei casi, ma parallelamente ad un aumento della diagnosi precoce. Va sottolineato infatti che l’aumento dei casi riguarda quasi esclusivamente i melanomi sottili in situ (49,6% dei casi) che rappresentano un basso rischio prognostico per i pazienti. Le forme invasive, con prognosi peggiore, sono sostanzialmente stabili. L’incidenza appare in costante crescita, ma la mortalità è stabile da oltre 20 anni. Secondo i dati del Centro melanomi del San Lazzaro la sopravvivenza infatti supera mediamente il 90% a 5 anni dalla diagnosi per rimanere sostanzialmente invariata negli anni successivi, mentre per esempio in Polonia la sopravvivenza supera di poco il 50%. L’efficacia della diagnosi precoce dipende dai dermatologi, che negli ultimi anni hanno dovuto affinare le loro capacità diagnostiche, ma anche e soprattutto dai cittadini che, così come succede da oltre 15 anni, sono sensibilizzati al problema ed aderiscono alle visite preventive o autonomamente provvedono a prenotare una visita dermatologica, anche se non hanno notato nulla di apparentemente modificato sulla loro pelle. Il significato della prevenzione è proprio questo: sottoporsi annualmente ad una visita anche in assenza di apparenti problemi. I sintomi del melanoma sono praticamente assenti o, quando presenti, sono poco apparenti e comunque tardivi. Prurito persistente a carico di un nevo per esempio. Anche le modalità di autodiagnosi non possono essere molto affidabili, anche se è fondamentale la necessità dell’auto osservazione. Ogni persona dovrebbe tentare di conoscere al meglio la propria pelle per individuare un’eventuale macchia che cresce. Il melanoma non presenta purtroppo standard di forme e colori, ma cresce di dimensioni e spesso ha un aspetto che lo rende diverso dagli altri nevi presenti. Rimane quindi fondamentale la prevenzione primaria, che consiste essenzialmente nel ridurre al minimo le esposizioni eccessive alla luce solare naturale ed artificiale. E’ dimostrato che l’uso abituale delle lampade solari in età giovanile aumenta il rischio di melanoma di circa il 70%. Anche l’esposizione al sole dovrebbe essere limitata sia come tempo che come orario, cercando di evitare le ore centrali e, comunque, applicando creme ad elevata protezione. Questo vale soprattutto per bambini, giovani e carnagioni chiare. Negli ultimi anni sono state affinate molto le tecniche di riconoscimento, allo scopo di ridurre le rimozioni inutili di nevi benigni, per focalizzare le lesioni sospette, attraverso metodiche semplici ma efficaci, quali la dermatoscopia in epiluminescenza. Questa tecnica, in uso da meno di quindici anni, ha reso sicuramente possibile il riconoscimento precoce del melanoma e quindi è parzialmente responsabile dei dati sopraccitati riguardanti l’elevato riscontro di forme di melanoma iniziale e della conseguente assenza di rischio prognostico per il paziente. Si tratta di un semplice esame ottico, una microscopia di superficie a basso ingrandimento. Una lente a contatto della pelle, un goccio di olio da immersione per rendere trasparente lo strato superficiale della pelle ed una luce potente in grado di far osservare strutture e colori che offrono dati importantissimi circa la natura della neoplasia che si sta osservando. Pertanto l'affinamento della diagnosi consente ad un esperto la riduzione degli interventi e la capacità di sospettare la diagnosi corretta supera percentuali del 92%. Questo strumento è nella tasca di ogni dermatologo ed è diventato essenziale per una corretta visita dermatologica. Quindi meno interventi inutili, ma anche priorità chirurgica assoluta quando c’è il sospetto di melanoma. La diagnosi precoce rimane un’impresa difficile ma assolutamente possibile. Le neoformazioni dubbie vanno sempre rimosse, ma in molti casi la semplice osservazione in tempi successivi ed il confronto delle immagini permettono di superare anche le difficoltà che insorgono quando il melanoma assomiglia molto ad un nevo benigno. Questo grazie alla possibilità di effettuare una memorizzazione digitale delle immagini dermatoscopiche e di confrontare l’eventuale cambiamento, non solo visivamente, ma anche attraverso complessi calcoli matematici e geometrici elaborati da software predisposti a tale scopo. In questo caso il dermatologo ricorre con urgenza relativa all’Ambulatorio di epiluminescenza, in attività da oltre 10 anni presso il polo dermatologico delle Molinette (responsabile il dottor Paolo Broganelli), che opera non solo per svelare i tumori cutanei ed i melanomi “difficili”, ma anche per mantenere strettamente monitorati i soggetti a maggior rischio di melanoma stesso. Infatti i pazienti che hanno rimosso un melanoma sono a rischio di insorgenza nel tempo di altri melanomi primitivi.
L’Addetto Stampa
Pierpaolo Berra