La recente (e ancora in corso) operazione di contrasto alla criminalità organizzata, portata avanti dalla Procura di Torino, sembra aver lambito (in maniera anche un po' grottesca) la politica grugliaschese. Numerosi sono gli articoli di stampa che riportano di contatti tra Domenico Verduci, consigliere comunale di maggioranza, e Giovanni Toro, l'impresario finito in carcere con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nel corso dell'operazione “San Michele” (leggi qui).
Riportiamo una conversazione con Mariano Turigliatto, ex sindaco di Grugliasco, eletto proprio in seguito allo scandalo “Le Gru”, vicenda che aveva visto coinvolta buona parte dell'amministrazione della cittadina della cintura ovest di Torino, portando all'arresto del sindaco del PD (allora DS), Domenico Bernardi.
Mariano Turigliatto è attualmente consigliere tra i banchi dell'opposizione del Consiglio Comunale di Grugliasco.
Intercettazioni telefoniche in cui consiglieri comunali organizzano cene con boss della 'ndrangheta, possibili infiltrazioni della malavita organizzata nelle procedure di gara per gli appalti pubblici: possiamo dire che Grugliasco è notevolmente diversa da quella che lei ha "ceduto" al centrosinistra più di dieci anni fa?
Direi proprio di sì. Fra l'altro proprio la storia recente di questa città è la dimostrazione più lampante dei mali che stanno affossando il paese.
Il primo è la distanza fra le parole e i fatti. Si predica la legalità, la trasparenza, il buon governo e si fa tutto l'opposto, si istituiscono controlli e burocrazie che dovrebbero garantire tutti i cittadini e li si trasforma in strumenti di oppressione e di discrezionalità nella quale finiscono impigliati quelli che non sono amici di nessuno e che non hanno gli strumenti per farsi valere senza appoggi politici.
Il secondo è la vittoria della mediocrità, della fedeltà al capo, della sottomissione, della omologazione ai vincitori: che idee di governo e di innovazione volete che vengano mai fuori con un clima del genere? E' chiaro che chi può se ne va e quelli che restano o si adeguano o li fanno fuori. Le menti migliori e le persone più pulite si allontanano alla velocità della luce da una politica così sporca da non riuscire nemmeno più a fingere, oltre agli interessi, di avere anche qualche idea per trasformare la società.
Il terzo è la totale amoralità, perfino di quelli che tradizionalmente dovrebbero presidiare il rispetto dei valori e delle regole che fanno di una comunità un luogo salubre, dove tutti possono crescere e migliorare. Non è solo la modestia degli amministratori a stupire, è la totale discrezionalità nell'operare, è quella sensazione che siano intimamente convinti di poterla fare sempre franca. Così tanto da aver perso il senso del confine fra lecito e illecito, fra ciò che serve al miglioramento della città e ciò che potrebbe trascinarla verso il fondo.
Ho lasciato una città con le casse ricche dei soldi che il Comune aveva ricavato dalla chiusura della vicenda Le Gru, con l'Università che aveva aperto due sue facoltà arricchendo la città di prospettive e risorse inimmaginabili, un progetto per spostare a Grugliasco altre facoltà ancora, rivitalizzando commercio, residenza e politiche per i giovani. Non è andato avanti nulla, quello che ho lasciato è quello che c'è oggi. Ho lasciato un centro culturale (Le Serre) che è diventato una società dalla gestione opaca che paga multe a go go con i soldi dei contribuenti. Soprattutto non trovo oggi più traccia di quella politica coraggiosa, capace di dire dei no chiari alle camarille di partito, specialmente di quelli collocati a sinistra. E non riesco proprio a trovarci nulla di buono, che dia l'idea che gli amministratori hanno scelto strade diverse e che le stanno percorrendo. Tutto fermo, tutto “aumma aumma”, come il paese.
Quali sono, a suo avviso, le ragioni di tanto scadimento nella percezione della legalità da parte degli amministratori?
E' il berlusconismo, bellezza! Quando in tanti sostenevano che Berlusconi sarebbe passato, ma che il berlusconismo avrebbe segnato a lungo la cultura politica del paese, dicevano proprio questo: annunciare, stupire, mentire spudoratamente e poi rettificare, cambiare le regole quando rompono le scatole, occupare il potere con gli amici e utilizzarlo per eliminare gli oppositori, mettere a stecchetto i cittadini trasformando in favori quelli che prima erano diritti, operare per cordate per occupare questo o quello spazio con la spregiudicatezza di chi sta lottando per il proprio successo. Andare a cena con gli imprenditori, chiamare i professionisti amici, utilizzare la struttura del Comune non come un pezzo di Stato – quello più vicino ai cittadini –, ma come la propria macchina per garantirsi il potere, gestire il consenso e lavorare ai fianchi l'elettore. In un simile quadro la legalità è un orpello, buono al massimo per lucidarsi la coscienza con qualche comparsata delle star del ramo in qualche cerimonia pubblica. Ci vuole, è un buon brand, ma giustappunto a quello serve…
L'opposizione da lei guidata ha criticato da subito l'impostazione della "Carta di Pisa", non tanto negli intenti, ma per quel velo di ipocrisia che certi "impegni" portano con sé, visto che per amministrare bene basterebbe seguire le leggi esistenti. I fatti sembrano darvi ragione, eppure nessuna autocritica è partita dalla maggioranza. Quali le ragioni?
Attendersi una revisione critica di come il berlusconismo ha inciso in profondità nelle coscienze, nelle opinioni e nei costumi anche della sinistra sarebbe come aspettarsi che una pornostar mettesse in seria discussione gli attributi e le prestazioni che ne decretano il successo: dovrebbe per conseguenza cambiare lavoro. I consiglieri di maggioranza sovente parlano di provvedimenti che non conoscono, rari fra loro quelli che leggono gli atti che votano, ancora più rari sono quelli che ascoltano con spirito critico le osservazioni che provengono dalle opposizioni o dalla città. La logica è quella del branco e, infatti, si assiste sovente a uno sbandamento che finisce solo quando il capobranco eccita i gregari con qualche azione tesa a ribadire la sua supremazia. I gruppi politici di maggioranza, quello del PD in testa, non vogliono accorgersi di questo degrado - in qualche caso non lo vedono proprio, per incapacità, per ignoranza… - perché se lo facessero dovrebbero autoeliminarsi. E così si arriva alla degenerazione che a Grugliasco ha prodotto l'affaire Le Gru e alle storiacce di oggi dei Cetto Laqualunque nostrani. Ma anche alle storie collegate agli appalti della piazza centrale, alle strane storie della Società comunale Le Serre e a molte altre vicende ancora di cui ci occupiamo e di cui segnaliamo sempre le anomalie alle autorità competenti.
Molti hanno visto e continuano a vedere in lei un paladino della buona amministrazione e della legalità. Ciononostante, è innegabile il suo ruolo nel "miracolare" i due sindaci che l'hanno seguita alla guida della città. Qualche rimpianto?
Per buona parte della mia vita ho sinceramente pensato che l'unità della sinistra fosse un valore da perseguire a prescindere. Questo sebbene io sia sempre stato visto e trattato dai discendenti del PCI più come un pericolo, un avversario, che non come una risorsa o un partner con cui costruire cose belle per Grugliasco. Alla fine dei miei due mandati, ho ritenuto che fosse giunto il momento di riparare la frattura che si era creata fra il mondo civico e quello dei partiti tradizionali eredi del PCI e della DC. A questo obbiettivo ho lavorato oramai 12 anni fa, con un certo successo elettorale; oggi mi rendo conto che l'obiettivo era sbagliato perché si basava sull'idea che la sinistra fosse eticamente e politicamente meglio della destra non solo per le idee, ma anche per le persone. Non era vero, tutti lavoravano per sé, quelli di destra sfacciatamente, quelli di sinistra con l'alibi del progresso…
I miei successori hanno preferito scegliere la strada dell'omologazione: una volta eletti hanno ritenuto che la ricomposizione della frattura non fosse un fatto culturale politico, piuttosto una riparazione per quanto le giunte da me coordinate avevano fatto verso gli imprenditori “di area”, le cordate sotterranee, l'associazionismo di bandiera e di consenso. In poche parole hanno scelto la strada della carriera politica, accodandosi alle cordate che contano nei partiti che contano, piuttosto che cercare di armonizzare proseguendo un'esperienza che alla città ha dato parecchio. Non li biasimo, sanno solo essere fedeli, come il cane al padrone. La lealtà credevo di avergliela insegnata e provata, ma non sono stato abbastanza bravo.
Quindi, come si fa a non avere rimpianti? Ma l'orgoglio e la soddisfazione per quello che in tanti abbiamo fatto allora, dimostrando che cambiare si può, caccia via tutti i rimpianti e lenisce le ferite degli errori.
Si ha l'impressione che di fronte a simili fatti il silenzio di un sindaco che è anche presidente di Avviso Pubblico sia ancora più assordante. Non trova?
Forse fa come tanti suoi compagni di attività politica: aspetta che passi, la gente si dimentica, lo dice perfino il Razzi di Crozza. Il sindaco di Grugliasco è presidente nazionale di Avviso Pubblico, un'associazione di enti pubblici per la legalità e la trasparenza; già solo questo la dice lunga sull'utilità di un'associazione di questo tipo. Lo dico con rammarico perché fui tra i fondatori. Purtroppo rappresenta oggi esattamente quello che dicevo prima sulla distanza fra le parole e i fatti, sulla vacuità della cosiddetta “cultura della legalità”, buona per qualche convegno e per foraggiare esperti e star. Ci sono decine di esempi su come proprio il presidente di quell'associazione abbia, nell'esercizio del suo mandato di sindaco, palesemente violato gli stessi principi di quella “Carta di Pisa” che dovrebbe servire a stabilire regole di comportamento vincolanti e di garanzia del rispetto delle regole. E' la migliore testimonianza di quella distanza di cui dicevo prima, dunque dell'inutilità di Avviso Pubblico.
Quali azioni pensate di intraprendere come opposizione, sia in seno al consiglio comunale che a livello di coinvolgimento della cittadinanza?
Per intanto abbiamo chiesto la convocazione urgente di un consiglio comunale per prendere in esame le questioni che tirano in ballo il governo della città, così come emergono dalle intercettazioni. Per esempio le eventuali intromissioni indebite negli appalti. Chiederemo che il Comune si costituisca parte civile e l'istituzione di una commissione speciale che prenda in esame dal punto di vista amministrativo gli atti che riguardano quanto emerge ed emergerà dalle inchiesta della Magistratura.