Con gli occhi di Alice
Le avventure di Cilea – Francesco, il noto compositore musicale di origine calabrese – riprese con una Leica, mentre viaggia ad Elica nel paese delle meraviglie e raccontate dalla celebre illustratrice per l'infanzia Giusina Caolinu?
… “E a questo punto Alice cominciò a avere sonno e, come se stesse sognando, continuava a ripetersi: “I gatti ne van matti? I gatti ne van matti?” o anche “I matti van a gatti? I matti van a gatti?” poiché, visto che non sapeva dare una risposta a nessuna delle due domande, non contava molto chi andava matto di chi”. E poi, giunta nell'atrio, segue la scoperta della porticina “che dava su un piccolo corridoio … si inginocchiò e il suo sguardo si posò sul giardino più incantevole di questa terra”, mentre dopo aver bevuto la pozione magica, temendo di finire “consumata tutta come una candela. Chissà che faccia avrei allora”. E cercò di immaginare com'è la fiammella di una candela da spenta …”. Quando poi raccoglie il ventaglio e i guanti caduti al Coniglio Bianco “prese a farsi vento e senza smettere di parlare: “Che roba! Roba dell'altro mondo! Tutto il mondo, oggi, è roba dell'altro mondo! E pensare che fino a ieri le cose avevano un capo e una coda! E se mi avessero scambiata stanotte?”
… E anche per noi - davanti alle opere di Giuliana Cusino, con la collaborazione delle sue amiche, che, sia chiaro! non sono di certo Ada o Mabel, figuriamoci! E nemmeno le sorelle di Alice! Ma sono piuttosto, sempre che sia da credere loro e solo perché a tutti i costi sostengono di chiamarsi così e pretendono, addirittura! Di vantare un cognome, che ovviamente mettiamo tra parentesi: Clara Isabel (Precioso Garcìa), Sonia (Girotto), Sara (Durando), Enrica (Campi), con la solita intrusione di quel Cappellaio Matto, che si nasconde sotto lo pseudonimo del ben noto Massimo (Voghera) – dicevo, anche per noi spettatori vale la stessa cosa.
Ma c'è da sospettare – e con fondamento – che sarebbe stato lo stesso anche per il reverendo Charles Lutwidge Dodgson, anzi, per Lewis Carroll, l'autore di (Le avventure di ) Alice nel paese delle meraviglie, che non è un libro per bambini, ma nemmeno per adulti. E per chi allora?
“E dunque che cosa sarà Alice – sostiene il poeta Aldo Busi, traduttore delle Avventure per Feltrinelli, nel 1993 - se non un libro per adulti stufi di crescere per niente? Sarà il loro hula hoop che accerchia l'emozione dell'infanzia, la quale, come per quasi tutte le cose, la si possiede appieno quando è definitivamente perduta e diventa una vera esperienza quando si finisce per cominciare ad immaginarsela”.
Oreste del Buono, nella nota introduttiva all'edizione Rizzoli del 1966, afferma di rileggere “questo capolavoro da quando avevo dieci anni con crescente commozione: tra giochi, allegria, satire, estri furiosi, l'annuncio, e il superamento nella poesia, di ogni avanguardia, scorre un sentimento incontenibile, un'avidità di dolcezza che sconfina in inesausta estenuazione: l'inevitabile, sacrosanta sconfitta d'una ribellione alla banalità”.
Il debito di poeti e narratori nei confronti di Dodgson-Carroll è enorme; e per le arti figurative, come stanno le cose? Lewis Carroll, come antesignano delle moderne narrazioni figurate per l'infanzia? come precedente e discreto suggeritore del surrealismo? Si e no. Perché il suo contributo poetico non si può assolutamente restringere a questo.
Guardiamo allora da vicino alle tavole di Giusina Caolinu – alias Giuliana Cusino - e alle “installazioni” qui congiuntamente create insieme ai suoi amici artisti e proviamo a riflettere.
Tutto calza perfettamente, tout se tien. La catena di nonsense, calembour, witz, ossia motti di spirito, ma anche i sottili e severi sillogismi, inventati dal reverendo matematico Dodgson - e profusi a piene mani da Carroll nel tessuto del racconto – corrisponde, anzi coincide con l'intenzione dei nostri artisti di trasformare le suggestioni poetiche del testo in immagini.
Le dramatis personae, perché di questo si tratta intimamente e anche, a ben vedere, forse dolorosamente, nel racconto di Carroll – e non solo in lui – da ‘maschere' (questo vuol dire “personae”, in latino, immagini che affondano le proprie origini nel teatro antico) - trasmutano in picturae personae, in ‘personaggi' traducibili in pittura pura, ma che proprio per questo esigono si bruci nella loro trasfigurazione ogni ingombro pretestuosamente ‘realistico'.
Paolo Nesta