Si è svolta nella sala colonne del Comune di Torino, mercoledì 21 novembre 2012, la presentazione del libro “Torino città internazionale - Storia di una vocazione europea”. Erano presenti il sindaco di Torino Piero Fassino, l'ambasciatore Franco Giordano, il vicepresidente dell'associazione Torino Strategiaca Valentino Castellani e il professore della Bocconi di Milano Giuseppe Berta.
“Torino città internazionale” è un libro di storia interdisciplinare strettamente collegato alle problematiche del presente che ci mostra come Torino, partendo dalle reti tra gli enti locali territoriali, ha saputo collocarsi tra le forme più avanzate di internazionalizzazione della cultura e della ricerca.
Si parte da lontano e precisamente dal decennio 1851-1861 quando Camillo Cavour, consapevole del sottosviluppo, dell'arretratezza e dell'isolamento in cui si trovava la regione Piemonte e la città di Torino, si pose l'obiettivo di inserire lo stato dei Savoia nel concerto internazionale. Intuì che bisognava vincere la ritrosia tipica piemontese, rendere Torino una capitale vivace, sviluppare le relazioni internazionali, attivare la diplomazia (D'Azeglio) e attrarre investimenti dall'estero.
Fu infatti proprio Cavour a creare le premesse per lo sviluppo delle infrastrutture piemontesi: trafori, strade, ferrovie. A nord verso Ginevra e a sud verso Genova e il suo porto, potenti motori di sviluppo. Di nuovo ai primi del '900 Torino sviluppò il suo potenziale industriale guardando al di fuori dei suoi confini e ancora negli anni '50 e '60 del dopoguerra la città seppe attrarre risorse dall'esterno e cogliere le occasioni dello sviluppo industriale creando posti di lavoro per molti immigrati dal sud e dall'est dell'Italia nelle sue fabbriche manifatturiere (sopratutto Fiat, ma non solo).
Anche oggi, afferma Giuseppe Berta, di fronte ad un momento di crisi europea e mondiale, “Torino e il Piemonte non si piegano, non si rassegnano e cercano una nuova identità per affermare ancora una volta la propria vivacità, tentando di convincere gli investitori sia in Italia che all'estero che le risorse ci sono e vanno valorizzate”.
Anche Valentino Castellani ex sindaco di Torino, è convinto che la città della mole “ha un notevole potenziale di capacità imprenditoriale e di lavoro, è un nodo essenziale di reti di relazioni internazionali (Fiat, Università, Bit) ed ha, nel proprio DNA, connessioni internazionali importanti”.
Torino e il Piemonte, secondo l'ambasciatore Franco Giordano, oggi consulente del sindaco di Torino, deve “sempre più valorizzare il proprio territorio promuovendo le relazioni internazionali presentandosi come missione di sistema. Non servono le iniziative individuali disperse è più utile coordinarsi con tutte le istituzioni operando sempre in sinergia”. Quindi Comune di Torino, Regione Piemonte, Università, Politecnico, Sistema museale, Camere di commercio, Campus Onu, Istituto Europeo di Formazione, solo interagendo tra loro possono dimostrare all'esterno l'affidabilità necessaria per ottenere risultati proficui e duraturi.
Il sindaco Piero Fassino ha concluso l'incontro delineando quale dovrà essere in futuro la nuova identità di Torino. “Passata da prima capitale d'Italia a città modello di sviluppo industriale incentrato sulla fabbrica come luogo di produzione e come modello di relazioni anche sociali e culturali, Torino si è trovata in crisi di identità tra gli anni '80 e '90”.
Oggi deve gestire il passaggio da città ad esclusiva vocazione industriale a città plurale. E la trasformazione sta avvenendo con il concorso dei seguenti elementi:
1) Trasformazione urbana della città. Buona parte dei 10 milioni di metri quadrati di terreno lasciati liberi da aziende dismesse sono stati ristrutturati e riutilizzati ai fini della valorizzazione ambientale. Siti industriali abbandonati sono diventati poco a poco patrimonio per migliorare lo sviluppo urbanistico della città e la qualità della vita dei cittadini. Passante ferroviario, OGR, Gasometro, Fiat Lingotto, Leumann, Venchi Unica, ecc.
2) Specializzazione industriale. Se è vero che si è persa la quantità e i grandi numeri di operai nelle fabbriche torinesi si è guadagnato in quantità, in specializzazione, in tecnologia e innovazione. Non si producono più grandi quantità di auto, ma molto si studia, si disegna, si progetta nella nostra città valorizzando quell'indotto e quell'industria della componentistica che sempre è stato un punto di eccellenza.
3) La Cultura. E' stata per Torino un potente motore di sviluppo in questi ultimi anni. Le iniziative culturali, al là del loro valore intrinseco, hanno comportato ricadute anche sul piano economico. E' aumentato il grado di attrazione della città, è cresciuto il turismo dopo il rilancio delle Olimpiadi invernali, è migliorata la percezione della sua bellezza e unicità. Nessuno vorrebbe venire ad investire in un luogo triste, con poca energia, degradato. E Torino non lo è più, e forse non lo è mai stato..
Pierluigi Capra