Torino è pronta a una nuova e pacifica invasione. Dal 22 al 26 settembre le migliaia di contadini che in 160 paesi del mondo formano la rete di Terra Madre stanno per riversarsi ancora una volta nella capitale sabauda per l'appuntamento che ogni due anni li vede protagonisti del dibattito sul futuro del cibo. Sono passati ormai vent'anni dalla prima edizione del Salone del Gusto, che 1996 prendeva l'avvio in un solo padiglione del Lingotto, quasi in sordina, con i primi coraggiosi produttori che avevano creduto nell'idea che parlare di produzioni di piccola scala, di artigianato del cibo, di cibo non massificato, avesse un senso e soprattutto fosse la strada da seguire.
Chi l'avrebbe detto che da quella prima edizione (anzi si dovrebbe dire “Edizione Zero”) dove la facevano da padroni la Robiola di Roccaverano e il Cappone di Morozzo, poteva nascere una manifestazione popolare così diffusa, attraente e importante? E invece ecco nuovamente il Salone del Gusto più che mai maturo e in salute con due decenni di anzianità alle spalle.
Arricchito, dal 2004, da Terra Madre e che, dal 2012, è diventata un tuttu'uno con il Salone stesso.
“A ripercorrere oggi la nostra storia, afferma Carlin Petrini Presidente di Slow Food e di Terra Madre nonché instancabile animatore del Salone, il momento della svolta è proprio in quel 2004, quando realizzammo definitivamente che senza una presenza forte dei contadini, di coloro che ogni giorno si prendono cura della terra e della sua salute per produrre il cibo che sfama la maggioranza delle comunità del mondo, non era possibile parlare di alimentazione e di futuro.”
Ogni agricoltura, ancorché di piccola scala, infatti significa forte legame di comunità, quella comunità che si costituisce intorno al cibo come necessità primaria, ma anche come strumento di socialità e di adattamento al territorio.
“E proprio il legame tra cittadini e contadini, tra terra e comunità, continua Petrini, è al centro della nuova svolta che abbiamo dato al nostro evento. Quest'anno, infatti, per la prima volta abbiamo deciso di uscire dai confini del Lingotto per tuffarci con entusiasmo in città, per rendere l'appuntamento il più accessibile possibile a tutti, eliminando il costo del biglietto d'entrata e costruendolo in maniera diffusa nelle strade e negli edifici simbolo di Torino.”
Se fino a oggi l'appuntamento biennale ha significato un momento centrale nella discussione sul futuro di tutti noi, dei contadini e delle nostre terre, oggi il Salone rilancia ancora. Chiede a Torino e ai suoi abitanti di stargli vicino, per consentire a tutti di entrare in contatto con coloro che, in ogni angolo del pianeta, sono i portatori di culture gastronomiche straordinarie e di visioni della vita in armonia con la natura e con i suoi tempi.
In questi anni, come constatiamo ogni giorno di più, è radicalmente mutata la sensibilità nei confronti del tema del cibo. La consapevolezza da parte di tutti gli attori della filiera è cresciuta enormemente, l'interesse alla tutela delle produzioni identitarie altrettanto. E nonostante questo viviamo ancora in un mondo in cui quasi 800 milioni di persone soffrono di malnutrizione e fame e altrettante sono obese, in un mondo in cui i 62 individui più ricchi posseggono la ricchezza di metà della popolazione mondiale, in cui esistono i cosiddetti “food desert” e in cui il divario tra chi ha moltissimo e chi ha sempre meno sta crescendo senza sosta.
“Ecco allora che Slow Food, con Terra Madre-Salone del Gusto, conclude Petrini, oltre a ripensare la sua formula e le sue modalità di incontro, non può che farsi portavoce della battaglia delle battaglie, quella per la lotta alla fame. Questo deve essere il nostro orizzonte di azione per il futuro. Non possiamo accettare che ogni anno si sprechi quasi il 40% della produzione alimentare complessiva, e se vogliamo continuare a occuparci di cibo in questo nuovo tempo, non possiamo che lavorare per cambiare un sistema produttivo, distributivo e di consumo che non funziona e non ci piace, che genera affamati e obesi, che distrugge gran parte del cibo che viene prodotto, che erode la biodiversità e che in molti casi penalizza chi produce su piccola scala e con qualità. Noi abbiamo scelto anni fa da che parte stare, la sfida è allora quella di imparare a starci sempre meglio, a non mollare la presa, a trovare strumenti nuovi per muoverci in questo mondo complesso e sfaccettato.”
Ricordiamo che il cibo è di tutti, anche se ancora non è per tutti. Il Salone e Terra Madre, con i suoi volti e le sue storie, tenta di assumere in toto e senza remore questo impegno, e noi cittadini dobbiamo a nostra volta essere in prima linea per esigere un sistema più equo, più giusto, in cui la sovranità alimentare sia garantita a tutti una volta per sempre. Questo è il senso del Salone, di questa rete mondiale che parla del cibo in maniera solidale, che vuole ragionare di un futuro degno per tutti. Per dare un senso al nostro agire come cittadini del mondo.
Pierluigi Capra