Le fabbriche dismesse, racchiudono in sé un fascino particolare e melanconico. Spazi enormi, polverosi e malsani. Oggi, capita spesso di passarci davanti e alcune di esse sono addirittura citate ad esempio nei manuali di storia dell'architettura industriale. Ci si passa davanti ogni giorno e non ci si fa più caso alla loro presenza, hanno smesso di “pulsare”, per tanti anni sono state un punto importante per molte persone. Importante per il proprio vivere e per il proprio “benessere” e malessere purtroppo. Capannoni in disuso da anni. E' stato portato via tutto dopo fallimenti e chiusure. Le mura sono lì… Dalle macerie del lavoro non c'è più nulla, si sono salvati gli involucri. Quelli sono in piedi e trasudano storia e storie, evocano la grandezza dei processi produttivi ma raccontano anche della crisi dell'industria che li ha spazzati via nel volgere di un decennio.
Quando iniziammo a confrontarci, a discutere e ad immaginarci, con Claudio Vittone autore del testo e con il Gruppo, di come doveva essere questo lavoro e di conseguenza la messa in scena, ci dicemmo da subito che non poteva essere uno spettacolo celebrativo e non doveva cercare a tutti costi la bellezza della forma, doveva invece evidenziare le ruvidità e le difficoltà della fabbrica.
E' stato determinante partire dalle testimonianze orali, dall'ascolto delle esperienze concrete delle singole persone, della vita vissuta, il “reale” insomma. Nei racconti fluiscono drammi personali e gioie incancellabili. Le testimonianze del reale ci hanno fornito strumenti di comprensione che ci hanno aiutato a collegare e a capire meglio l'ambiente storico, politico, sociale nel quale i protagonisti hanno vissuto le loro esperienze.
Lo spettacolo mette a confronto due generazioni: la generazione del passato che ha costruito materia tangibile, ha lavorato sodo per un “progresso” e per il benessere e le giovani generazioni di oggi che non vedono un futuro lavorativo proficuo ma, lo cercano per dare un senso all'oggi con l'impegno e la ricerca attraverso la cultura, per scoprire attraverso la curiosità giovanile forme nuove di esistenza.
Ciò che ci interessa evidenziare nei nostri progetti è un Teatro Civile che metta a disposizione il contenuto nell'urgenza di trasmettere i contenuti. Siamo sempre più consapevoli che alla gente “comune” interessa un Teatro che ama “osservare” più di quanto piaccia “farsi osservare”.
Massimiliano Giacometti
… Il mondo intero è un teatro …
W. Shakespeare