Una tavola rotonda organizzata da Infine Onlus per aprire un dibattito sui modelli di cura possibili per i malati e i loro cari, coinvolgendo medici, responsabili dei servizi sanitari e sociali, palliativisti e familiari. L'assenza di farmaci efficaci, in grado di guarire o anche solo di rallentare significativamente l'evoluzione della malattia, rende queste realtà ancora più complesse. Occorre dunque dare al termine “cura” un significato più ampio, un “prendersi cura globale”, sia del malato che delle famiglie. Infine Onlus vuole proporre una visione che si ispira alla cultura delle cure palliative, un modello ampio di intervento in cui i familiari che curano il paziente devono essere essi stessi considerati malati. Da qui la necessità di un approccio non solo medico in senso stretto, ma multidisciplinare, per rendere praticabile l'esperienza della malattia di demenza di un congiunto.
Il 21 novembre alle 17.30 al Circolo dei lettori di Torino Marina Sozzi, Presidente di Infine Onlus, riunisce in una tavola rotonda Barbara Capellero, neuropsicologa, Daniela Leotta, direttore S.C. Neurologia Ospedale Martini, Irene Gili Favela, responsabile del Servizio Anziani e Tutele - Domiciliarità Città di Torino, Mauro Gottero, geriatra, medico palliativista e responsabile clinico per Luce per la Vita dell'Hospice Anemos presso l'ospedale San Luigi Gonzaga, Eleonora Belloni, psicologa, borsista Infine Onlus, Mirella Ansaloni, familiare, per aprire un dibattito sui modelli di cura che si possono proporre a fronte del dilagare della malattia d'Alzheimer e delle altre forme di demenza.
Nel caso delle demenze il termine “cura” si deve intendere nel suo significato più ampio, come un “prendersi cura globale” della complessa realtà che coinvolge i malati e le loro famiglie, tanto più vista l'assenza di farmaci efficaci, in grado di guarire o anche solo rallentare l'evoluzione della malattia.
Nell'indagare un modello di cura possibile, sostenibile, attuabile in tempi brevi occorre valutare le condizioni in cui oggi sono curati a casa i malati di demenza. Si tratta di una domiciliarità che ricade quasi interamente sulle famiglie, e non solo dal punto di vista economico. È grave anche l'attuale dimensione di solitudine e indifferenza sociale in cui vivono i familiari. Questa analisi permette quindi di individuare la fragilità di chi oggi si accolla la responsabilità dell'assistenza del malato: il caregiver, verso il quale occorre orientare una specifica attenzione sociale e terapeutica.
Infine Onlus vuole proporre al dibattito una visione che si ispira alla cultura delle cure palliative, da applicare non solo alla fine della vita, non solo in presenza di malattia in fase terminale. Oggi le cure palliative hanno circa trent'anni di esperienza, anche in Italia, e occorre potenziarle, pensarle come modello ampio di intervento in cui i familiari che curano il paziente devono essere essi stessi considerati malati. Malato non è l'individuo – dicono le cure palliative – malata è la famiglia: e se questo è vero per il tumore, a maggior ragione lo sarà per le demenze, che richiedono una mobilitazione familiare lunghissima, e priva di gratificazione per chi cura, che spesso non è neppure riconosciuto da chi è curato.
Se la consapevolezza di questa dimensione familiare della malattia prevale, ci si rende conto che l'intervento richiesto non è solo medico in senso stretto, ma multidisciplinare: infermieri, operatori socio-sanitari, psicologi, volontari, ma anche avvocati e assistenti sociali, che devono lavorare di concerto con la famiglia per rendere praticabile l'esperienza della malattia di demenza di un congiunto.
Ed è questo il punto di intervento degli operatori sociali, fornire il sostegno necessario ai familiari per occuparsi di un loro caro malato: formazione e informazione e anche tempo per sé; e per i malati interventi volti, per quanto possibile, al mantenimento delle abilità residue, ma niente medicalizzazione eccessiva e futile.
Così Marina Sozzi, presidente Infine Onlus, inquadra la possibile estensione della cultura delle cure palliative alle famiglie che affrontano la demenza di un congiunto: “È fondamentale che medici, operatori sociali, servizi sanitari e sociali trovino la coesione per operare questo cambiamento di mentalità, è cruciale per ottenere che i fondi bastino per aiutare tutti. Lo spreco della sanità in operazioni e trattamenti che vengono attuati nell'ultimo anno di vita di pazienti molto anziani, con l'unico risultato di farli soffrire, è incalcolabile”.
Infine Onlus è una associazione nata nel 2014 che si pone come centro di competenza sul tema della morte, del lutto, della vecchiaia, della malattia invalidante e delle problematiche di medici e pazienti sul fine vita. I temi propri degli studi di Marina Sozzi, presidente dell'associazione, sulla visione sociale della morte trovano oggi applicazione nelle attività di Infine Onlus: la risocializzazione dei momenti ardui dell'esistenza che la nostra cultura relega nel silenzio e nella solitudine e le problematiche dell'invecchiamento sono argomenti sempre più sentiti nelle generazioni che ora si affacciano alla terza età.