Proseguono gli incontri della Pastorale della Salute diocesana in collaborazione con L'ASL di Vercelli su “La forza della consolazione”. Dopo il primo appuntamento tenuto da padre Carmine Arice, già direttore dell'Ufficio Nazionale per la Pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana e padre generale del Cottolengo di Torino, che ha parlato della consolazione del malato e dell'operatore sanitario con una relazione dal titolo: “Consolando si è consolati”, si è svolta ieri, 21 febbraio, la seconda giornata.
“Consolare sulle orme del Buon Samaritano”: questo il tema proposto agli operatori sanitari riuniti nell'Aula Magna dell'Ospedale Sant'Andrea, da don Gianluca Mangeri, direttore dell'Ufficio di Pastorale della Salute di Brescia.
Don Gianluca è partito dall'immagine del Buon Samaritano che si china sul malato per evidenziare le ferite più comuni nella malattia: la solitudine, la paura, il disorientamento, la rabbia, lo scoraggiamento, la tristezza, l'angoscia, il sentirsi inutile e di peso.
«Si tratta di ferite esistenziali che la malattia accentua e che attendono di essere viste, compatite, ascoltate proprio come ha fatto il Buon Samaritano – spiega don Bruno Capuano, responsabile della Pastorale della salute di Vercelli e promotore degli incontri». Don Mangeri ha approfondito in modo particolare quattro ferite che il paziente può vivere nel corso di un ricovero in ospedale: il disorientamento, la paura, la solitudine, e la rabbia.
Nella seconda parte della relazione, il sacerdote ha cercato di fornire per ogni ferita una cura. «Ogni ferita vista, compatita, ascoltata può essere curata e consolata – prosegue don Capuano - proprio come ha fatto Madre Teresa di Calcutta, testimone di consolazione per il nostro tempo e alla quale l'operatore sanitario può guardare per consolare non solo le ferite dei malati ricoverati o nelle RSA, ma anche quelle dei loro familiari. Il familiare vive infatti le stesse ferite del malato e ha un estremo bisogno di consolazione. Le corsie di un ospedale, i letti di una RSA, le casa in cui c'è una ammalato diventano così per l'operatore socio-sanitario la strada del Buon Samaritano: quella che da Gerusalemme va a Gerico: è la strada della consolazione che però non è mai a “senso unico” ma a “doppia corsia” perché la consolazione data torna indietro: la consolazione che un operatore dà al malato e al suo familiare gli viene “restituita”: perché è solo consolando che si è consolati».
Appuntamento per i prossimi incontri il 7 marzo con la relazione della professoressa Carla Corbella, docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, dal titolo “Consolazione e speranza nel mondo della salute” e il 21 marzo con l'incontro tenuto dal dottor Giovanni Zaninetta, ex presidente della Società italiana cure palliative, che parlerà dell'accompagnamento e della consolazione della persona morente.
«Questi appuntamenti, che stanno riscontrando grande interesse negli operatori, - conclude don Bruno Capuano - sono fondamentali per formare figure sempre più competenti: volontario deve essere un esperto di umanità».