Il Senato Accademico dell’Università di Torino, nella seduta dell’8 novembre 2010, ha bandito concorsi per 94 posti di Ricercatore Universitario e ha deliberato la stabilizzazione di tutto il personale tecnico amministrativo che ne aveva i requisiti. Con tali deliberazioni l’Università di Torino, per un verso, dimostra il proprio impegno per consentire a numerosi giovani meritevoli l’accesso alla carriera universitaria operando nel contempo un deciso rinnovamento del corpo docente, e, per l’altro, traduce in atto concreto la volontà di reagire al difficile momento che attraversa il sistema universitario italiano contro il quale operano ormai da anni, e con effetti devastanti, il taglio - progressivo e non modulato secondo criteri meritocratici - di risorse da parte dello stato e il blocco di fatto di ogni organica azione riformatrice e di ogni iniziativa di sviluppo.
L’Università di Torino ha agito in questi anni con oculatezza, utilizzando al meglio le risorse e cercando di ovviare alle difficoltà attraverso i risultati della ricerca e l’elevato senso del dovere di tutte le sue componenti. Grazie a tale azione positiva si è data la possibilità di compiere oggi una rilevante operazione di reclutamento su posti a tempo indeterminato, che nella presente contingenza pochi enti e istituzioni, pubbliche e private, possono permettersi. Ci auguriamo che l’indubbio sforzo che l’Ateneo compie e che vuole essere un’attestazione di fiducia e una scommessa meditata nel futuro dell’Università e della ricerca, solleciti le autorità competenti, il parlamento e il governo nazionale a riflettere sulla necessità di investire in cultura, alta formazione, ricerca e innovazione per raccogliere le sfide del mondo globale e per impedire il progressivo declino del Paese.
Siamo certi che i giovani, che con i nuovi concorsi oggi banditi entreranno nell’Ateneo abbandonando in molti casi una prolungata precarietà, daranno un contributo essenziale a far sì che l’immagine del crollo della Schola Armaturarum di Pompei, fortemente evocativa di un degrado
- culturale prima ancora che economico - finora non arginato, sia l’ultima pagina di un libro nero che si chiude definitivamente per lasciare spazio a una nuova stagione capace di riportare l’Italia al livello di competitività intellettuale e di capacità di innovare attraverso la ricerca di tutti gli altri grandi paesi europei, permettendo al nostro Paese di confrontarsi con questi ultimi su un piano di assoluta parità.