La Giornata del Ricordo porta con se' un messaggio attualissimo sul tema della cittadinanza e una "lezione" sul ruolo storico della destra in Italia. Il 10 febbraio si celebra la Giornata del Ricordo, in memoria «di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra», come recita la legge istitutiva della ricorrenza. È una festa civile recente, si svolge da appena sette anni, e a differenza di altre non è stata ancora pienamente metabolizzata dagli italiani anche perché tocca uno dei grandi tabù del secolo scorso: gli orrori commessi dalle forze titine e la pulizia etnica contro la comunità italiana sul confine orientale. Bisogna dare atto al comune di Bra di essersi attivato fin dal primo momento per ricordare questa data prima con l’amministrazione Scimone, che intitolò una Piazza ai Martiri delle Foibe, poi con l’amministrazione Sibille che continua a celebrare e ricordare quei fatti. La lezione che arriva da quei fatti lontani ha però un contenuto di attualità che va molto oltre la necessità di dire «mai più» e di trasmettere ai giovani il senso dell'orrore legato a quelle vicende. La scia di sangue delle foibe è una tragedia legata all'idea novecentesca di cittadinanza come strumento divisivo e addirittura belligerante. Istriani, fiumani e dalmati furono massacrati a migliaia per il rifiuto di piegarsi alla logica geografico-ideologica dell'appartenenza stabilita da una riga su una mappa o da un accordo politico. Erano italiani, si sentivano tali e per questo, a dispetto di ogni convenienza e di ogni diktat, caricarono le loro cose sui camion e sui carri e si lasciarono una vita intera dietro le spalle. Non a caso per “marcare” la Giornata del Ricordo è stata scelta la data del 10 febbraio 1947, cioè quella che vide la firma del Trattato di Parigi che prevedeva, per chi volesse mantenere la cittadinanza italiana, l'abbandono delle zone assegnate definitivamente alla Jugoslavia. Ma la questione del confine orientale porta con se', almeno per il nostro mondo, anche altre suggestioni. Fu su quella vicenda, e in particolare sul ritorno di Trieste all'Italia, che il Movimento Sociale diventò forza egemone nel mondo giovanile all'inizio degli anni '50, animando colossali manifestazioni studentesche, un vero e proprio “Sessantotto nero” secondo la definizione di Fausto Carioti (Gli orfani di Salò, Mursia, pp. 293, euro 17), che mobilitò e appassionò decine di migliaia di ragazzi. Oggi che la Giornata del Ricordo è un dato istituzionalizzato e appartiene a tutto il Paese, il nostro specifico apporto non può che fare riferimento a questi due dati. Il primo è un'idea nuova della cittadinanza, che faccia riferimento al tema della “patria”, la terra in cui si è nati, la terra che si ama e di cui ci si sente parte. Il secondo ruota intorno alla riflessione sul ruolo storico della destra politica in Italia, che qualcuno vorrebbe frettolosamente liquidare come un'appendice del berlusconismo, mentre invece è stato qualcosa di pulsante e di vitale fin dall'inizio della Repubblica, e fin da allora ha dato voce ai sentimenti e alle istanze di larghi settori dell'opinione pubblica. La storia non si fa con i “se”: ma se oggi Trieste è italiana, se il capitolo dell'esodo e delle foibe è stato “ricucito” alla storia nazionale, è anche per questo. La storia del 10 febbraio merita di essere raccontata oltre ogni retorica perché porta con sé messaggi attualissimi.
Federico Pace
futuroeliberta.bra@gmail.com
Responsabile Futuro e Libertà
Circolo di Bra