Sono storie i libri di Erri De Luca, sono storie i quadri di Matisse e sono storie di gente comune i film di Pasolini. L'arte tutta è una splendida storia. E così, senza rendercene conto, siamo circondati da storie tutti i giorni: ne ha una il macellaio, ne ha uno il nostro miglior amico, ne hanno una i nostri nonni, ne hanno una le persone che abbiamo dimenticato. Poi ci sono storie belle e meno belle, ma tutte hanno il diritto di essere ascoltate perché le storie ci riempiono la vita e sono segni che gli uomini decidono di lasciarci e regalarci. Raccontare storie è un modo per poterle ringraziare.
“Barattoli di Memoria” è la storia di gente comune che ha vissuto in un paesino a sette miglia da Torino, divenuto città con il trascorrere del tempo e delle sue trasformazioni.
Gli aspetti pregnanti della storia sono quelli della guerra, dei bombardamenti e delle sfilate fasciste, del confronto generazionale che ripercorre la storia dei lavandai, di feste di paese, di amori, dell'integrazione, del lavoro, dell'industrializzazione e del precariato…
Mia nonna lo faceva con le pesche. Le piacevano tantissimo le pesche. Fosse stato per lei le avrebbe mangiate sempre, tutto l'anno. Ma non poteva, perché le pesche ci sono solo d'estate. Allora lei aspettava la fine dell'estate, quando si trovano quelle grandi, profumate e succose. Le prendeva, le sbucciava, le tagliava a spicchi, e le metteva nei barattoli di vetro con lo sciroppo di zucchero. Poi faceva finta di dimenticarsene. Finché in un giorno d'inverno più freddo e grigio di altri, a un tratto si alzava e andava alla dispensa. Afferrava uno di quei barattoli e lo apriva. Non erano solo pezzi di pesca, quelli che aveva conservato. Erano un sapore, un colore, un profumo preciso. Erano l'estate. La sua estate. E lei non voleva dimenticarsene. Per questo la chiudeva in un barattolo e la teneva lì. Per averla sottomano quando il gelo sarebbe arrivato, e quando sarebbe sembrato impossibile anche solo credere che ci fosse stata l'estate…